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intervista su kronik.it
novembre 2002

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MADRIGALI MAGRI
Viaggio nella notte.

di Marco Delsoldato

“Malacarne” e i Madrigali Magri, ossia uno dei migliori dischi dell’anno (in senso assoluto) e uno dei gruppi più importanti nel panorama indipendente italiano. Una lunga intervista con Giambeppe per comprendere qualcosa in più su una formazione oggi fondamentale. Senza catalogazioni, con un’ironia tagliente e la consapevolezza di non voler (o dovere) dimostrare nulla. I Madrigali Magri fanno semplicemente quello che sentono. La speranza (nostra) è che siano in molti ad averne bisogno

“Malacarne” è un disco a tinte cupe, sembra solo sfiorarti, ma poi entra inevitabilmente in circolo ed un’impresa ardua eliminarlo. Riascoltandolo che sensazioni provi?
Mi fa molto piacere che l`ascolto susciti sentimenti forti, ma per quanto riguarda il sottoscritto una qualsiasi risposta alla tua domanda sarebbe eccessivamente autoreferenziale... Diciamo che sento quel che ci abbiamo messo dentro.

Atmosfere oscure che però, come la notte, alla fine si schiariscono per diventare alba. Come descriveresti la trama del disco?
Malacarne scende a fondovalle, incendia le rive del Belbo, attraversa Alessandria, si perde in provincia di Pavia o da quelle parti lì, prende l’autostrada per Genova, salpa e sprofonda nel mare, ne esce stordito un mattino presto, torna a casa fradicio, non sa più che giorno è. Se sia simbolica in positivo o no l`alba che arriva, lo decida ognuno per sé: fatto sta che risulta che ogni santo giorno ce ne sia una. La successione degli ultimi tre titoli riprende in sostanza il fulcro del testo di “Onda Dura”, ovvero: “era bianca all`alba” diventa per gioco “Era Alba Bianca”. E finisce lì. Bianca è la traccia che manca. Tutti siamo bianchi all`alba. Forse. Tutti manchiamo. Pare.

Percepisco i vostri brani come istantanee di un momento. Inizialmente possono apparire un po’ indefinite, ma poi si legano e creano la “storia” dell’album. Follia mia o qualcosa di vero può esserci?
C`è sempre e solo verità nella follia.

I testi, pur brevi, hanno un ruolo fondamentale all’interno dei brani. Come vi ponete nei confronti della forma scritta?
La forma scritta di un gruppo rock deve, a mio parere, dare il meno possibile il sapore della forma scritta. Va ripulita di tutti quegli automatismi e quei florilegi inutili che la lingua italiana, anche nella sua contemporaneità, si trascina per motivi storici... Va rasa al suolo e usata solo per dire quello che davvero preme dire, parola per parola. Non una parola di più, se no è già retorica. “Scrivere” è “dire”, e anche gli autori, dal medioevo a oggi, usano poeticamente il verbo “dire” intendendo lo scrivere. Dal “Verbo” nasce il mondo nelle religioni, in altre dal “Suono”. Ma non credo ci sia mai stata sulla terra comunità umana di qualsiasi tempo che non abbia sentito la sacralità del suono e non lo abbia usato per un qualsiasi fine connesso in qualche modo al rapporto tra lo spirito e la carne. Credo nella sacralità della parola come voce che esce dal corpo, così come era nel principio. Può fermarsi sulla pagina se capita, ma questo in certo senso può essere solo un accidente del caso, come per la musica finire su un disco. Per uno strano scherzo dei tempi ritengo che nel rock, come nelle forme primordiali di poesia, ogni parola debba uscire dal corpo ed essere fisica. Questo non lo diceva Mick Jagger, lo diceva già Dante. La lirica deve funzionare solo ed esclusivamente come parola detta. Deve essere viva. Deve essere come se la pensassi ed esprimessi in quell`istante e deve essere schietta come potrebbe esserlo in punto di morte, senza cazzate. E così per noi deve essere anche la musica che esce dalla nostra anima.

Avete accennato ad aperture pop ed effettivamente, analizzando alcuni brani, qualcosa si può trovare, anche se non possiamo certamente parlare di pop in senso canonico. Tu come consideri questo termine?
Lo vedo come un termine che si può usare anche in senso non canonico, senza riguardo. In Italia abbiamo manie di canonizzazione assolute, ansie classificatorie a mio avviso estreme e alla fine perdiamo di vista, parlando di musica per esempio, la sostanza delle cose. Allora in una visione “musicale” del mondo, la musica dei Madrigali Magri che cos`è: classica? No. Sperimentale o avanguardia? No. E` rock blues, ovvero una forma di musica popolare, ovvero Pop. La puoi ascoltare e comprendere, magari non al primo ascolto, ma non è Metal Machine Music o un disco di Cage o degli Starfuckers. E poi ragazzi: suonare è giocare. Non c`è niente di più serio di un gioco, ma è un gioco...
Pensa, per tornare alle ansie classificatorie proprie della nostra forma mentale, a quante varianti distinte esistono nell`italiano corrente per il verbo inglese “to play”: giocare, suonare, recitare, azionare, muovere... Alla fine, nella loro sostanza, sono tutte una cosa sola: “play”.

In generale le classificazioni musicali ti infastidiscono? Post rock, musica sperimentale sono solo definizioni di moda che non hanno motivo di esistere o c’è qualcosa in più?
Sono funzionali come formule spicce, e come tutte le formule spicce sono riduttive e se le si sviscera le si riscopre prive di significato. Tutta la storia del rock dagli anni sessanta in poi ha partorito e ha ben nascosto dischi di post-rock. Fai uscire oggi un disco dei Kraftwerk del `71 sotto altro titolo e spediscilo ai giornali. Anche la musica classica nella sua forma contemporanea (cioè dalla fine dell`Ottocento in poi... mica da oggi) ne ha prodotti a bizzeffe... Maderna era un post-rocker? O un pre-rocker? O cosa..?. Era un musicista, punto. E usava la musica come espressione. Anche astratta. Si usano da secoli i colori e le forme per esprimere qualcosa di complesso o di astratto (...mica solo paesaggetti da cartolina), perchè non i suoni: è così ovvio. Ma oggi, per un paradosso inspiegabile, siamo talmente abituati alla massificazione dei contenuti musicali correnti che ci pare strano tutto ciò che esula dai linguaggi elementari. Assurdo. La musica è, cazzo, una forma d`arte, mi pare. La sua elementarità è solo il grado zero. Se suoni da una vita e riconosci un giro di accordi già fatto a fette “trecentomilionidivolteidentico”, non provi più emozioni. Se quello che cerchi sono emozioni eviterai di riprodurre a tua volta “quelcazzodigirodiaccordi” scolasticamente e mandi tutto un po` affanculo. Molto semplice. Detto questo ribadisco che noi non facciamo in questo ambito sperimentazione né tantomeno avanguardia. Facciamo blues che esula dalle forme elementari del blues. Se chi scrive di musica non se ne accorge, al di là di qualsiasi giudizio di valore ritenga di dare alla cosa, dal nostro punto di vista è un incompetente.

Alcuni vi hanno definito “ostici musicalmente”. Pensi che sia un ulteriore motivo di fascino?
Dipende da chi si pone davanti alla cosa. Per molti è un ulteriore motivo di schifo... La cosa non ci tocca minimamente dal momento che facciamo quello che facciamo non per riscuotere fascino o disprezzo ma semplicemente perchè ci scappa di farlo, e ci scappa di farlo così. A qualcuno piacerà ad altri no. Non è un problema.

Il minimalismo è sempre stata una vostra caratteristica, personalmente credo che delle forme minimali (e non mi riferisco solo alla musica) abbiano molto più da dire rispetto ad altre magari maggiormente barocche. Tu come la vedi?
Ammesso che ci siano solo due modi per dire una cosa, il modo più spoglio sembra sempre il più vero, forse perchè non perde tempo e va dritto alla sostanza o almeno ci prova, è proteso verso un significato e non si perde in cazzate. Ma lasciami aggiungere che la ricerca del minimalismo è una cosa che ci hanno appiccicato addosso, per noi la ricerca è quella dell`autenticità. Noi non “scegliamo” il minimalismo, ovvero non abbiamo un atteggiamento intellettuale nel fare musica o altro: diamo, umilmente, a modo nostro la versione di cose che esistono già. Facciamo la musica del diavolo. E` lui che ci dice di farla così. Noi siamo solo degli esecutori materiali.

Trovi qualche punto di contatto fra “Negarville” e “Malacarne”?
Si: i Madrigali Magri.

Toglimi alcune curiosità: hai degli album (o degli artisti) imprescindibili?
Domanda difficile... Tutta la musica è imprescindibile se ti piace la musica. Il primo uomo che per gioco ha emesso un suono e ha detto che quello aveva a che fare con gli dei è imprescindibile. Il tamburo è imprescindibile. Debussy non lo è? Il blues delle origini è imprescindibile. Charlie Parker. Il rock`n`roll, il punk, l`elettronica... Nomi: per evitare una lunga sfilza dico solo Tom Waits, nel bene e nel male. Slint e Portishead.

Domanda tendenzialmente assurda: esistono dei Madrigali Magri nella letteratura o nel cinema?
Risposta decisamente assurda: no, abbiamo inventato tutto noi (!).
Certo che ne esistono, come anche nei cibi, o nei vini... Per esempio suggerirei un Montefalco Sagrantino Passito Scacciadiavoli dopo una cena a base di fichi e salame o di cardi e acciughe..

Dell’attuale panorama indipendente italiano cosa ne pensi?
Alcuni dubitano della vera esistenza di una scena di questo tipo…
Dubitare dell`esistenza di un panorama indipendente in Italia è negare l`evidenza. Dubitare della reale “indipendenza”, intesa come attitudine e disponibilità di mezzi, di etichette che passano per “indipendenti” ma sono Major a tutti gli effetti, sarebbe una operazione di buon senso, ma non è alla portata di tutti. Questo non significa dare giudizi di valore o merito o moralità, significa semplicemente saper distinguere la diversa natura delle cose. Ci sono gruppi che vogliono fare musica e la fanno come e quando cazzo pare a loro. Ce ne sono altri che vogliono fare musica e non vedono l`ora che qualcuno sovvenzionandoli dica loro come e quando farla secondo prospettive di successo commerciale. Tutto qui. Entrambe le cose hanno diritto e dignità di esistere, sono solo diverse.
Posso fare una domanda io? Perchè chi scrive di musica è ossessionato da questa storia delle “scene”?

Eh, credo che le scene siano un invenzione inevitabile di chi scrive di musica. Comodità, forse il desiderio di semplificare….a volte infastidiscono, ma alla fine ne parliamo sempre..Sarà genetico…Ma torniamo a voi: so che uscirà un Ep fra pochi mesi. Puoi darci qualche anticipazione?
Il mini si chiamerà "Mini", uscirà nella primavera del 2003 e conterrà tra le altre cose la seconda ed ultima parte di Giorno è Notte, che era una sorta di canzone a puntate e come promesso in Negarville ha un seguito. Ci saranno altri pezzi presi durante la sessione di Malacarne, per lo più acustici con Vale alla chitarra come in Nuova Casa e in Alba, e altri presi in giro (!). Ci sarà Nico che se la ride, un inserto di piano..Che altro?In verità stiamo ripensando la scaletta dei brani e stiamo valutando se aggiungere qualcosa (una volta tanto!). Quindi potrebbe essere un Ep col minutaggio di un Lp breve... Può essere.

Ti ringrazio per la disponibilità, ma permettimi un’ultima domanda: qual è l’aspetto più importante per te nella musica?
Che non esiste ma si sente.
Non la toccherai mai ma lei toccherà te.



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francesca
18/11/2002 16.50.55
veramente un`ottima intervista
parole intelligenti..
ciao


p
20/11/2002 17.23.16
si,immensi!!


Noisiness
21/11/2002 1.31.19
...hei gente, nn conosco x nulla i madrigali magri... fatemi un paio di nomi ai quali si possono affiancare per farmi capire il genere.... merci ::noise::


Maria
21/11/2002 14.18.21
Madrigali Magri sono unici, forse gli sforzi potrebbero ricondurre un pizzico alle atmosfere dei Labradford; un pizzico ai Massimo Volume per l`approccio recitativo.....appartenessero ad una specie animale sarebbero un cucciolo di murena con orecchie, zampette e codina.


Marco (kronic)
21/11/2002 14.21.36
Come dice giustamente Giambeppe nell`intervista i MM fanno del blues, anche se non in senso canonico e che esula, parole sue, "dalle forme elementari del blues". Alcuni istanti chitarristici (le deflagrazioni di "Orco Boia" ad esempio) possono avvicinarsi all`area di Steve Albini, ma a dominare sono istanti rarefatti, con una tensione altissima circondata da spazi vuoti. Se pensi di apprezzare un blues che sa un pò di post e e di sperimentalismo minimale con loro non sbaglierai senz`altro.

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